L'Avv. Giangualberto Pepi opera avanti tutte le Corti Superiori inclusa la Corte Europea di Strasburgo.
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Stalking, remissione della querela
18/03/2019
Lo Stalking è un reato che si concretizza con una condotta persecutoria reiterata a danno di un altro soggetto, una serie di comportamenti assillanti ed intrusivi di sorveglianza e di controllo, di contatto telefonico o via internet o fisico, con la “vittima”, la qual risulta infastidita e preoccupata ed entra in stato di ansia.
In Italia la norma è stata concepita con il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e con un insieme di altre misure riguardanti la regolamentazione processuale dei provvedimenti cautelari e la normativa civilistica in materia di allontanamento dalla casa famiglia e i poteri di polizia mediante l’introduzione della nuova misura dell’ammonimento da parte del questore che può disporre anche l'allontanamento (si rinvia sul punto ad un mio precedente articolo https://www.prontoprofessionista.it/articoli/stalking-come-difendersi-avvocati-penale-avv-jacopo-pepi-firenze-firenze-toscana-374.html).
L'Art. 612.bis c.p. prevede “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita .La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
L’art. 612-bis, comma 4, c.p. prevede che “il delitto è punito a querela della persona offesa“. Dunque al reato di atti persecutori il legislatore ha applicato un principio generale per cui, nei riguardi di reati invasivi dell'intimità personale della vittima, è rimessa a quest’ultima la scelta finale se azionare o meno a pretesa punitiva.
Il termine per la proposizione della querela, in genere, è di tre mesi, tuttavia nel caso del delitto di atti persecutori il termine è raddoppiato, ossia sei mesi come peraltro è stato fatto per il reato di Violenza Sessuale che anch'esso è, nelle ipotesi non aggravate, procedibile a querela proponibile sempre nei 6 mesi successivi al fatto.
Il legislatore ha espressamente previsto che “il termine della proposizione della querela è di sei mesi”.
Tale previsione trova la sua giustificazione in varie ragioni: in primo luogo la persona offesaattende ed indugia a causa della preoccupazione o del senso di vergogna che prova (come nel caso della violenza sessuale).
Il termine di sei mesi decorre dal momento in cui il reato di atti persecutori può ritenersi perfetto, bensì, trattandosi di un reato abituale, si considera la data in cui è stato posto in essere l’ultimo atto commissivo dello stalker.
Di regola la querela una volta proposta può essere revocata (non per la violenza sessuale per la quale la denuncia non è rimettibile), a tale proposito l’art. 152 del codice penale prevede l’istituto della remissione della querela. La remissione è un atto irrevocabile ed incondizionato con cui la persona, dopo avere proposto querela, manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il fatto di reato. La remissione ha l’effetto di estinguere il reato. Come detto poco sopra sono previste ipotesi in cui la querela è irrevocabile. L’articolo 609-septies c.p. statuisce che nel caso di delitti in materia sessuale la querela proposta è irrevocabile. Un analoga norma non fu prevista, invece, per l’ipotesi di delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p. Tale scelta fu criticata sia da parte della giurisprudenza sia da parte della dottrina, le quali evidenziavano che non prevedendo l’irrevocabilità della querela, la vittima del reato viene esposta al rischio di subire ulteriori minacce o violenze finalizzate ad ottenere la revoca della querela.
In virtù delle contestazioni dalla giurisprudenze e dalla dottrina il legislatore ha modificato il comma 4 dell’art. 612-bis c.p. prevedendo l’irrevocabilità della querela se lo stalking è effettuato mediante minacce reiterate e aggravate, ai sensi dell’articolo 612 comma 2 del codice penale o con violenza fisica. Inoltre è anche previsto che la remissione della querela può essere solo processuale, essa cioè deve avvenire necessariamente in udienza, dinanzi al giudice, che potrà verificare la spontaneità della remissione stessa e l’assenza di eventuali condizionamenti o coartazioni sulla vittima anche se una recente sentenza della cassazione ha stabilito che: “È idonea ad estinguere il reato di atti persecutori anche la remissione di querela effettuata davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria, e non solo quella ricevuta dall'autorità giudiziaria, atteso che l'art 612 bis c.p., laddove fa riferimento alla remissione "processuale", evoca la disciplina risultante dal combinato disposto dagli art. 152 c.p. e 340 c.p.p.” sent. 16 gennaio 2015, n. 2301.
Dunque, il nodo della revocabilità/irrevocabilità della querela nel reato di stalking è stato sciolto fissando una soglia di rischio: se si è in presenza di gravi minacce ripetute, ad esempio con armi, la querela diventa irrevocabile. Resta revocabile, invece, negli altri casi, ma la remissione può essere fatta solo in sede processuale davanti all’autorità giudiziaria (salvo pronunce divergenti della Cassazione), e ciò al fine di garantire la libera determinazione e consapevolezza della vittima.
Jacopo Pepi
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